Introduzione sul dolore

Tulipano, foto autorePer molto tempo è stata dominante la concezione cartesiana della percezione del dolore, la quale presupponeva un canale preferenziale di collegamento diretto fra il punto periferico (fonte del segnale doloroso) e l'area centrale percettiva.

Da diversi anni nonostante la maggior comprensione sul ruolo del sistema­ nervoso nella modulazione a più livelli, anche perifericamente, del messaggio doloroso, resiste ancora la vecchia definizione secondo cui la percezione­ rappresenta: "il risultato finale dell' integrazione­ delle diverse sensazioni in un dato momento con le più ­complesse funzioni cerebrali". Quasi vi sia una direzione obbligata, orientata verso le più recenti acquisizioni neurali della nostra filogenesi.

Con le teorie sui sistemi caotici, la ­percezione, per la complessità del sistema nervoso centrale e periferico, la sua dinamicità ed evolubilità nel tempo, in rapporto a molteplici fattori, viene elevata ad evento non più interpretabile dal punto di vista deterministico.

La percezione del dolore è diversa­ rispetto alla sensazione dolorosa, certamente più complessa, e implicante l'espressione di un­ giudizio. E' ormai chiaro che l'analisi delle modalità percettive non può essere limitata ai soli modelli forniti dalla fisica classica (Relazioni causa-effetto). Proprio all'interno dei presupposti anatomico funzionali del pensiero (dendroni, psiconi) per citare solo i candidati corticali, si cela la struttura di un sistema caotico forse interpretabile con i principi della fisica quantistica, come probabilità, come relazione. Estrapolando il principio di indeterminazione di Heisenberg si può dire che: Più ci avviciniamo al cervello, ai neuroni, alle molecole che trasportano i segnali, più diventa indefinito l'aspetto percettivo, in ultima istanza, perdiamo definitivamente il pensiero.

Secondo Damasio il fondamento biologico del senso del sè potrebbe essere rintracciato in quei meccanismi cerebrali che rappresentano in modo istantaneo la continuità di uno stesso singolo organismo, in altre parole il cervello userebbe strutture adatte (ad es. il talamo, il cingolo) a fornire una mappa sia dell'organismo, sia dell'ambiente esterno. Questo processo implica una costante interazione dell'oggetto reale e quindi anche dell'intero organismo, con la sua rappresentazione cerebrale.

Una problematica inerente alle teorie psicologiche del dolore è che le ipotesi fornite tendono inevitabilmente ad autoconvalidarsi; noi non vediamo ma riconosciamo e il riconoscimento è dato da un confronto e il confronto implica la perdita di oggettività dell'analisi dell'evento. Ci risulta cioè impossibile cogliere il fenomeno dolore per l'assenza di un punto di riferimento fuori dalla nostra mente. Ciò che spesso viene fatto, è l'osservazione della relazione. Un sistema comunque complesso può essere analizzato come modalità di risposta in uscita a seguito di stimolazioni con svariati segnali; la relazione input-output non ci definirà la natura oggettiva del sistema ma la funzione.
Per comprendere la funzione, dobbiamo osservare la relazione di una mente nel suo ambiente omeostatico, immersa nei segnali di fondo di questo. Sperimentalmente tuttavia sembra lecito utilizzare come input anche una assenza di segnale, come nella deprivazione sensoriale.
Quello che in definitiva ci è permesso osservare è solo una delle molteplici risposte al dolore; ne consegue che si moltiplicano gli sforzi multidisciplinari per penetrare l'essenza di questa esperienza umana ed anche le procedure sperimentali si innestano in questo tentativo.


Pain behaviour

Rappresenta la risposta comportamentale posta in atto dal soggetto in seguito all'esperienza dolorosa. Nel dolore cronico si osservano quadri comportamentali tipici, in parte innati, in parte appresi e rinforzati dalle conseguenze e dalle risposte ambientali agli stessi: lamenti verbali e mimica facciale sofferente, passività, eccessiva dipendenza o accondiscendenza, o al contrario atteggiamenti di sfida e di rifiuto.

Coping

Rappresenta l'insieme dei pensieri e dei comportamenti a cui la persona ricorre per gestire la situazione dolorosa e le emozioni ad essa correlate. Queste strategie sono finalizzate ad aumentare la tolleranza all'evento stressante e a diminuire il comportamento da dolore (pain behaviour). Nel dolore cronico spesso la persona pone in atto numerose strategie (cercare di ignorare il disagio, distrarsi in attività diverse, pregare o chiedere aiuto), ma abilità specifiche possono essere apprese con opportuni esercizi.

 


Aspetti fisiologici

I recettori

In questo paragrafo, vengono presi come modello i soli recettori per il dolore (nocicettori) cutanei; pur con alcune differenze le considerazioni restano valide per i nocicettori presenti nelle strutture profonde, nel muscolo, nelle articolazioni, nel periostio, nelle pareti dei visceri, nelle membrane di rivestimento di vari organi, nei vasi, ecc..
Sia la sensazione di prurito che quella dolorifica, sono­ il risultato dell'attivazione di un gruppo di ­terminazioni nervose libere situate a livello della­ giunzione dermo-epidermica.
Per molto tempo si è creduto che, sia la sensazione­ di prurito che quella di dolore, fossero trasmesse da un­ solo tipo di neurone sensitivo capace di generare una­ diversa attività elettrica (pattern) per le due­ sensazioni.
Vi sono tuttavia evidenze che rendono improbabile questa ­spiegazione.
Clinicamente prurito e dolore possono essere avvertiti­ con diverse intensità nella stessa area,­ contemporaneamente, ed essere riconosciuti­ separatamente.
Rimuovendo l'epidermide e la parte superiore del derma,­ si abolisce il prurito ma non il dolore.
Quando la cute o una singola fibra nervosa vengono ­stimolate con una ampia varietà di stimoli elettrici­ (pattern) il soggetto avverte solo prurito e non dolore.
Una alternativa, è che esista una attività accoppiata ­attraverso i recettori polimodali della cute, dalle cui­ coppie di neuroni, possono differenziarsi le due­ sensazioni.
Attraverso altre ricerche, sembra che una popolazione di­ neuroni polimodali segnali il dolore e un'altra il­ prurito:
In un esperimento sul gatto si è osservato che circa il­ 20% dei neuroni polimodali di una determinata area non ­risponde allo stimolo pruriginoso mentre tutti i recettori rispondono allo stimolo doloroso (calore).

Questo può suggerire che il prurito si manifesta solo­ quando un sottogruppo di neuroni polimodali viene ­attivato, mentre se sono tutti attivati si sente dolore. Un esperimento condotto sull' uomo con stimolazione e­ registrazione da un singolo neurone, ha comprovato che­ due differenti sottogruppi di neuroni polimodali­ segnalano prurito e dolore.

I nocicettori sono sensibili a numerose sostanze chimiche dette algogene, in grado di attivarli direttamente o di sensibilizzarli. Queste sostanze possono provenire:

dai tessuti lesi

dal distretto vascolare

dalle fibre nervose (ad es. dalle stesse fibre nocicettive e dalle fibre del sistema nervoso simpatico).

 

Le principali sostanze algogene sono:

ioni H + , K + (possono attivare le afferenze nocicettive)

ioni Ca ++ (partecipa al rilascio di neurotrasmettitori)

Radicali liberi ( Come l'H 2 O 2 e lo ione OH sensibilizzano i nocicettori all'azione della bradichinina e delle PGE 2 )

Bradichinina, BK (è uno dei più potenti algogeni, stimola direttamente i nocicettori ed ha effetti proinfiammatori)

Prostaglandine (non attivano direttamente i nocicettori, ma li sensibilizzano all'effetto della BK. La PGE 2 provoca la liberazione di sostanza P dalle fibre nocicettive)

Istamina (liberata dai mastociti sotto l'influenza dell'interleuchina 1 e della sostanza P, favorisce la produzione di prostanoidi; a concentrazioni elevate causa dolore)

Serotonina, 5HT (a livello del sistema nervoso periferico ha un ruolo pronocicettivo; liberata da piastrine e mastociti, sensibilizza i nocicettori all'azione della BK)

Tachikinine, TK (sono peptidi sintetizzati all'interno dei corpi cellulari e trasportati verso le terminazioni nervose centrali e periferiche; comprendono la sostanza P, le neurochinine A e B, il neuropeptide K. Hanno generalmente effetti proinfiammatori e iperalgizzanti, regolano l'immunità locale con una azione chemiotattica e proliferativa, depolarizzano le efferenze simpatiche provocando la liberazione di noradrenalina, neuropeptide Y e ATP)

Ossido nitrico, NO (partecipa all'iperalgesia primaria, entra nella regolazione della cicloossigenasi inducibile)

Calcitonine gene related peptide, CGRP (potente vasodilatatore, agisce sinergicamente con le tachichinine)

Citochine (ad esempio: IL1, IL6, IL8, TNF)

Sostanze rilasciate dalle fibre nervose del simpatico

Fattori di crescita nervosa

 

Il Midollo spinale

Il midollo spinale rappresenta una fondamentale stazione di modulazione del dolore.
Il neurone afferente primario ha il corpo cellulare nei­ gangli delle radici dorsali, da qui le afferenze­ nocicettive raggiungono il midollo tramite le radici­ dorsali. Nell' ultimo tratto del loro percorso nella­ radice dorsale le fibre amieliniche e le fibre­ mieliniche di piccolo diametro tendono a segregarsi­ nella parte ventro-laterale della radice e all' ingresso­ nel midollo si biforcano in brevi rami ascendenti e­ discendenti per l'estensione di uno o due metameri­ costituendo il tratto di Lissauer dal quale penetrano o­ emettono collaterali nella sostanza grigia adiacente.
Nel midollo spinale le fibre afferenti di piccolo­ diametro terminano prevalentemente nelle lamine I e II, ­in particolare le afferenze nocicettive trasportate­ dalle fibre amieliniche (dolore cronico, poco discriminato). Le fibre A d terminano prevalentemente nella V lamina.

Vie di trasmissione

Sia i neuroni nocicettivo specifici che quelli non specifici, o convergenti, sono all'origine dei fasci ascendenti, per la maggior parte siti nei quadranti anterolaterali controlaterali del midollo.
Il fascio spinotalamico è il sistema deputato al trasporto della ­sensibilita` dolorifica e termica, ed in parte anche­ della sensibilità tattile superficiale. Insieme con­ altre fibre ascendenti situate nelle colonne­ antero-laterali del midollo spinale, costituisce il ­sistema antero-laterale.
Prima di raggiungere il talamo si suddivide in due contingenti, uno mediano (paleospinotalamico) che raggiunge la parte mediana del talamo ed uno laterale (neospinotalamico). Con il suo contingente neospinotalamico, partecipa all'elaborazione della componente sensitivo-discriminativa del dolore, mentre con il contingente paleospinotalamico partecipa all'elaborazione della componente affettivo-emozionale alle reazioni di risveglio e alle risposte vegetative.

Esiste un ulteriore contingente, identificato più recentemente: il fascio spinoreticolare. Nel suo insieme sembra implicato nella reazione neuroendocrina al dolore e nella genesi della risposta da stress.
Esso è costituito in massima parte (fascicolo spinoreticolare propriamente detto) da fibre che originano dai neuroni delle lamine I, V, VII, VIII del midollo e proiettano verso il bulbo a livello del subnucleo reticolare dorsale, i nuclei gigantocellulare e reticolare laterale.
Un contingente quantitativamente inferiore è rappresentato dal fascicolo spinopontomesencefalico che origina dai neuroni siti nelle lamine I, IV, VI e proietta verso la sostanza grigia periacqueduttale e l'area parabrachiale laterale

Sistemi sopraspinali

Intervengono sulle varie dimensioni del dolore: la componente sensoriale-discriminante (sistemi ascendenti a conduzione rapida, talamo ventrobasale, corteccia somatosensoriale); la componente affettivo-motivazionale (formazione reticolare, ipotalamo, talamo mediale, sistemi limbici); la componente cognitivo valutativa.

Formazione reticolare

Eterogeneo aggregato cellulare sotto forma di diversi nuclei che si estendono dal dal bulbo al mesencefalo, a proiezioni assonali lunghe lungo l'asse rostrocaudale.
Sembra una struttura implicata prevalentemente nella diffusione rapida dell'informazione nocicettiva a numerose sedi, dal midollo spinale alla corteccia cerebrale. I suoi neuroni possono mediare funzioni motorie, sensitive e vegetative. Negli animali sono stati dimostrati campi recettivi sia ipsi che controlaterali di grandi dimensioni che possono comprendere anche l'intero soma.
Le afferenze nocicettive rappresentano lo stimolo più efficace per attivare i neuroni della formazione reticolare, la quale sembra svolgere un importante ruolo sul comportamento da dolore, in particolare nella reazione avversativa e probabilmente sulle componenti affettive e motivazionali dell'intera esperienza dolorosa.

Talamo

Funge da stazione di arrivo e di ritrasmissione di varie modalità sensitive fra cui la nocicettiva. E' composto schematicamente da una componente filogeneticamente più antica, il paleotalamo, costituito dai nuclei mediali ed intralaminari che riceve afferenze da numerosi sistemi ascendenti del midollo spinale e dalla formazione reticolare, non ha una organizzazione somatotopica e trasmette diffusamente ad ampie zone corticali.
La c omponente filogeneticamente più recente, il neotalamo, situato nella parte ventrobasale è costituito dai nuclei ventroposterolaterale (VPL) e ventroposteromediale (VPM). Le cellule di questi nuclei sono disposte somatotopicamente e rispondono sia a stimoli innoqui che nocivi. E' certo che essi svolgono un importante ruolo nella funzione discriminante del dolore, lesioni a questo livello producono una transitoria analgesia e una alterata discriminazione spaziale.
Il tratto spinotalamico termina nella parte caudale, orale, del nucleo VPL e in altre piccole aree. Il nucleo VPL proietta alle aree corticali SI e SII dalle quali riceve a sua volta fibre corticotalamiche.
Il nucleo VPM riceve afferenze dal nucleo sensitivo principale del trigemino e da altri attraverso i tratti trigeminotalamici, proietta alla corteccia somatosensoriale nell'area della faccia, da qui riceve le fibre corticofuge a lui dirette.

Ipotalamo

Filogeneticamente è la parte più antica del cervello, regola il sistema nervoso vegetativo e le risposte neuroendocrine, favorisce l'organizzazione integrata viscerale e somatica delle risposte al danno tissutale.

Sistema limbico

E' coinvolto nei processi dell'umore, nelle motivazioni all'azione, nelle emozioni, promuove cioè una condotta finalizzata allo scopo in stretta relazione con la corteccia cerebrale.

Corteccia cerebrale

Le afferenze sensoriali raggiungono le aree somatosensoriali primarie (SI) e secondarie (SII).
SI è localizzata nel giro postcentrale e consiste di tre aree con diversa citoarchitettura (aree 3, 1, 2 di Brodmann) e con disposizione rigorosamente somatotopica. La rappresentazione corticale dell'organismo è correlata con la densità dei recettori periferici nelle varie parti del corpo, mentre non è nota la relazione con la distribuzione dei nocicettori periferici.
SII è più piccola, e si trova sul margine superiore della scissura silviana, riceve proiezioni dai nuclei basali VPL, VPM ipsilaterali.
Esistono altre aree corticali, in particolare i lobi frontali e la corteccia temporale fondamentali per l'elaborazione dell'esperienza dolorosa, sulla base del comportamento motivato, appreso e delle emozioni.
La componente neospinotalamica del sistema­ anterolaterale, dai nuclei ventro basali del talamo si­ distribuisce alla corteccia somatosensoriale e alle­ rispettive aree associative.
Le vie piu` lente: paleospinotalamica e­ spinoreticolotalamica, sembrano avere una proiezione­ corticale diffusa, che include anche le aree sensoriali primarie e secondarie.

( da C. Antonelli, Ipnosi e Dolore: aspetti integrati, Ed. Giuseppe Laterza, Bari 2003)

Il dolore cronico e l'unità di psiche e soma

[ tratto dall'articolo: MARCO LUCHETTI, CESARE MORETTI, GIUSEPPE MARRARO, Chronic pain and the unity of psyche and soma. Acta Anaesth. Italica 57, n1: 92-98, 2006 a cui si rimanda per l'edizione integrale]

Il dolore cronico è un sintomo comunemente incontrato nella professione medica. Quando i pazienti riferiscono un'esperienza o si lamentano di un disturbo funzionale, i medici di solito ricercano un segno fisico. Se sono in grado di concludere che vi è un cambiamento in un tessuto o in un organo, o una deviazione misurabile rispetto alla funzione normale, essi etichettano il disturbo del paziente come un " sintomo fisico". Quando essi non riescono a trovare alcuna anormalità fisica, etichettano il disturbo come "somatoforme", "mentale", o "psicologico". Il raggruppare i sintomi in "somatici" o "mentali" è vestigia di un'epoca in medicina in cui sembrava utile ridurre la complessità dell'organismo e delle esperienze umane dividendo tutti i sintomi della malattia in due gruppi, uno correlato al l'altro alla psiche. Questa divisione è ora chiaramente obsoleta.

Sta cominciando largamente ad essere accettata l'idea che sia i disordini "mentali" che quelli "fisici" coinvolgano in realtà la maggior parte dei sistemi del corpo e che la divisione delle malattie in mentali e fisiche non può più essere scientificamente giustificata.

Inoltre, ciò di cui i pazienti si lamentano non può dipendere esclusivamente da ciò che essi provano.
La relazione con il medico è di cruciale importanza. L'interesse e la partecipazione del medico, così come vengono percepite dai pazienti, giocano un ruolo importante nel determinare in quale modo il paziente presenterà i propri sintomi.

Nell'articolo segue un esame di lavori recenti che analizzano la questione da differenti prospettive, aiutando a comprendere come l'approccio al dolore cronico sia cambiato negli ultimi anni.

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La conclusione di Luchetti evidenzia comunque che la condizione di dolore cronico è complessa e la sua presentazione dipende da numerosi fattori quali classe sociale, cultura, educazione medica, orientamento e atteggiamento, e pregresse esperienze di malattia.

Non c'è dubbio che il dolore cronico stia diventando sempre più frequente e sfortunatamente non risparmia i bambini, come è stato recentemente evidenziato da Santalahti et al nel loro articolo.

È stato anche dimostrato che sintomi somatici non spiegabili dal punto di vista ambito medico sono frequenti nei pazienti di medicina generale e che le persone che soffrono di queste sindromi somatoformi utilizzano servizi sanitari in misura maggiore rispetto ad altri gruppi di popolazione. I sintomi che questi pazienti presentano variano di intensità, natura, e quantità. I termini utilizzati per descrivere questi pazienti ("frequentatore abituale", " lamentoso cronico", "super-utilizzatore") testimoniano l'incertezza circa la natura di questi disturbi. Esiste comunque un accordo generale sul fatto che questi pazienti vengano visti frequentemente e che la loro gestione rappresenti una difficoltà considerevole, come anche sot­tolineato da Tylee et al.

Nella pratica clinica, è spesso difficile instaurare una relazione positiva con pazienti che soffrono di un dolore di natura psicogena. Questo modello di relazione maladattativa è caratterizzata da un insieme di disappunto e rigetto. Sulla base di questa considerazione, la diagnosi e il trattamento del dolore cronico sono molto più efficaci se includono:

1. attenta indagine circa qualsiasi storia di trauma psicologico passato o presente; 2. empatia; 3. riconoscimento dei comportamenti disfunzionali indotti dal dolore e dei tratti di personalità; 4. documentazione di caratteristiche anatomiche e non anatomiche all'esame fisico, 5. trattamenti multidisciplinari fra cui la psicoterapia quando indicata; 6. uso, quando possibile e appropriato, di procedure non invasive e alternative alle terapie farmacologiche.

Da questo punto di vista, la medicina olistica, ovvero la medicina che affronta i problemi dell'unità inscindibile corpo­mente-spirito, sembra essere efficace nel trattamento del dolore cronico, soprattutto quando il dolore non ha una causa nota. Usando la medicina olistica, i pazienti possono spesso essere curati dalla loro sofferenza e questo avviene quando essi si assumono la responsabilità dei sentimenti repressi. Il ritorno allo stato di assenza di dolore è possibile ogniqualvolta la persona trovi le risorse necessarie per la guarigione esistenziale. Le condizioni necessarie perché la guarigione olistica abbia luogo sono "amore" e "fiducia". Ottenere la piena fiducia del paziente, quindi, sembra essere la più grande sfida per la medicina olistica, soprattutto quando tratta un paziente con dolore.

 


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