Introduzione all'ipnosi

William James

"La coscienza è qualcosa che crediamo di conoscere fino a che qualcuno non ci chiede di definirla "

William James, Principles of Psychology 1890

Come accennato nella definizione, l'ipnosi è uno stato di coscienza determinato da una particolare relazione che passa attraverso il corpo. IPNOSI = Stato / Relazione x corpo
Nella clinica l'ipnosi è una relazione circolare tra terapeuta e paziente tramite una tecnica, si parla anche di sincronia interattiva fra soggetto e ipnotista.
Solitamente vengono identificati 3 stati di coscienza:

1° Veglia

2° Sonno profondo, Sonno REM

3° Ipnoide (non sonno, non veglia)


Il 3° stato di coscienza, definito ipnoide, ha una connotazione negativa: non sonno, non veglia. Una positiva: stato di coscienza modificato nel quale si ha un viraggio dell'orientamento mentale dall'esperienza oggettiva, vale a dire sensoriale al vissuto soggettivo, cioè individuale. Si realizza così una particolare modalità di pensiero, quella immaginativa.
Secondo altri autori lo stato ipnoide rappresenterebbe un quarto stato di coscienza essendo il primo la veglia, il secondo il sonno NREM, il terzo il sonno REM, ma credo sia una distinzione accademica.

La relazione

E' un rapporto particolare che si realizza dall'incontro di una domanda d'aiuto rivolta da chi soffre e da una risposta dell'operatore.
La domanda d'aiuto è spesso regressiva, come fatta da un bambino, il soggetto chiede di essere liberato dal "male", per mezzo dei poteri magici dell'operatore, contrariamente al mago l'operatore cercherà di far "crescere" la persona, di renderla libera e autonoma.
La relazione è un contenitore dove si svolge qualsiasi atto professionale, in cui coesistono aspetti affettivi/emozionali ed elementi cognitivi.



Il corpo

La relazione per essere efficace deve passare attraverso il corpo, utilizzando modalità percettive particolari.

ESISTONO DUE MODELLI DI CORPO:

. Korper (che è) rappresenta il corpo
anatomico, oggetto della nostra
percezione sensoriale.
. Leib (che sono) rappresenta il corpo
soggettivo, che ciascuno di noi
sente suo, filtrato dalla propria
Sensibilità. E' questo il corpo
della relazione, che viene esperito
in condizioni particolari .


Ipnosi: stato o relazione


Se da un lato l'ipnosi è considerata uno specifico stato della coscienza (ego state), altri autori enfatizzano il ruolo della relazione tra l'ipnotista e l'ipnotizzato, non solo nel successo dell'induzione ipnotica, ma anche nello sviluppo della fenomenologia caratteristica e come fattore essenziale del fenomeno stesso. L'ipnosi è considerata cioè una particolare forma di interazione umana in una persona reale o immaginaria. Lo stesso Erickson pur utilizzando i termini classici di "trance" e di "stato" considera l'ipnosi una forma particolare di relazione.
La difficoltà ad ottenere dati neurofisiologici strumentali convincenti che evidenzino questo terzo stato come caratteristico e specifico della condizione di trance, lascia aperta la discussione.


stato egoico

Uno stato egoico può essere definito come un modello di comportamento e d'esperienza, organizzato attorno ad un comune principio e separato dagli altri da barriere in parte permeabili. Questi modelli possono svilupparsi in molte differenti dimensioni, per esempio uno stato egoico potrebbe includere tutti i comportamenti che riguardano l'interazione con le figure famigliari. In questa concezione teorica l'intera personalità è suddivisa in parti che contengono diverse sindromi collegate di comportamento ed esperienza, queste parti hanno un individuale autogoverno.

suggestione

La suggestione è definita come un processo mediante il quale un individuo senza l'uso di argomenti logici o di mezzi coercitivi, induce un altro individuo ad agire in un determinato modo.
Rappresenta essenzialmente l'accettazione acritica di un'idea.
Il termine suggestione è stato coniato da Freud (1888-89) ed è ancora valido oggi. Designa ogni istruzione od ordine o direttiva alla quale una persona non oppone resistenza e perciò esegue quasi automaticamente. Per far questo bisogna eludere le facoltà razionali. L'etimologia del termine è ambigua, significa "mettere qualcuno sotto", o più semplicemente suggerire. Vi sono anche dei significati positivi come impartire, insegnare, istruire, avvisare, raccomandare.

(da C.Antonelli, Ipnosi e Dolore: aspetti integrati, Ed. Giuseppe Laterza, Bari 2003)

 

 

Ipnosi e Ipnotismo

Il termine ipnotismo è stato introdotto per la prima volta da un medico James Braid (1785-1860) nel 1843, tradotto dal greco ipnos = sonno e definito come uno stato particolare del sistema nervoso, determinato da manovre artificiali. Lo stesso Braid quattro anni dopo lo sostituiva con monoideismo, avendo notato come il sonno in realtà si producesse solo in un'esigua minoranza dei soggetti. Solo circa trent'anni più tardi compare il termine ipnosi.
L'ipnosi non è un fenomeno paranormale e non è un sonno, ma è una condizione psico-fisica, durante la quale si crea una modificazione dello stato di coscienza e una particolare relazione con l'ipnotista, che permette lo sviluppo di una certa fenomenologia.
Spesso ci si trova in uno stato d'ipervigilanza che si accompagna ad uno stato di rilassamento e calma mentale.
Con il termine ipnotismo ci si riferisce generalmente a tutto l'insieme dei fenomeni ipnotici alle modalità con cui sono stati indotti e alla relazione con l'operatore, mentre con ipnosi alla semplice fenomenologia.
Una definizione operativa di ipnosi è di uno stato di coscienza determinato da una particolare relazione che passa attraverso il corpo. Nella clinica l'ipnosi è una relazione circolare tra terapeuta e paziente tramite una tecnica, si parla anche di sincronia interattiva fra soggetto e ipnotista.

( da C.Antonelli, Ipnosi e Dolore: aspetti integrati, Ed. Giuseppe Laterza, Bari 2003)

 

Un approccio neurofisiologico integrato alla coscienza e alle sue implicazioni in stati fisiopatologici come il coma e lo stato vegetativo, è stato mirabilmente sintetizzato nell'introduzione del prof. N. Latronico in COSCIENZA E COMA, BRAIN 2006 a cui rimando per l'edizione integrale.
In questa pagina si riprodurranno prima le conclusioni dell'intervento.

Il prof. Latronico conclude: - Parlare della coscienza e del coma è affrontare uno dei grandi misteri insoluti dell’uomo. I recenti progressi nel campo dell’imaging funzionale sono promettenti, ma “ogni soluzione di un problema solleva nuovi problemi insoluti; tanti più ne solleva, quanto più profondo è il problema originale e più ardita la sua soluzione. Quanto più impariamo sul mondo, tanto più consapevole, specifica ed articolata sarà la conoscenza di ciò che non sappiamo, la conoscenza della nostra ignoranza. Questa, infatti, è la fonte principale dell’ignoranza: il fatto che la nostra conoscenza può essere solo finita, mentre la nostra ignoranza non può che essere, di necessità, infinita”-

Una, cento, mille coscienze

Da un punto di vista etimologico coscienza (cum, con e scire, conosco) sembra implicare una condivisione, il conoscere insieme, a sottolineare come non vi possa essere, secondo tale etimologia, vera coscienza in assenza di una relazione, di un’interazione con un altro essere o con l’ambiente. La logica conseguenza è l’esistenza di un comportamento volto ad interagire e comunicare; del pari l’assenza di un tale comportamento è l’assenza della coscienza.
In realtà la definizione di ciò che sia la coscienza è ben lontana dall’aver raggiunto una sintesi accettata, se scienziati cognitivi come Johnson Laird arrivano a dire che “nessuno conosce che cosa sia la coscienza o se serva a qualche specifico fine” e filosofi come Chalmers arrivino ad affermare che la nostra ignoranza della coscienza possa essere “il maggiore ostacolo alla conoscenza scientifica dell’universo”.
In maniera diametralmente opposta a quanto l’etimologia della parola suggerisce, la coscienza può essere intesa come esperienza, ossia la somma di tutto ciò che permette ad un individuo di sentirsi sè stesso e non un altro. In questo senso la coscienza sarebbe costituita da elementi qualitativi, i qualia, la cui proprietà essenziale é quella di “fare un certo effetto” per chi — essere umano o animale — li possieda. Così, nel citatissimo capitolo di Nagel “Com’è essere un pipistrello”, ai pipistrelli farà un certo effetto percepire il mondo mediante il loro sistema sonar; altri che non siano il pipistrello, per esempio esseri umani che pure conoscano perfettamente il funzionamento di un sistema sonar, non riusciranno comunque a provare che effetto fa percepire il mondo con un tale sistema. Nell’esempio di Jackson Mary è una neuro scienziata che vive in un mondo in bianco e nero e non sa cosa siano i colori. Mary ha studiato a lungo le neuroscienze, divenendo la più famosa esperta al mondo dei processi cerebrali che presiedono alla funzione dei colori, ma è solo quando si avventura nel mondo esterno per la prima volta che impara una cosa nuova: “com’è” vedere rosso. E chiaro che la coscienza così definita in modo qualitativo e dunque soggettivo è inaccessibile all’osservazione esterna ed è dunque indimostrabile.
La coscienza può essere descritta come autocoscienza e questa, a sua volta, con varie sfaccettature, la coscienza dei propri limiti, della propria posizione all’interno di un gruppo, il riconoscimento del proprio corpo, o anche la coscienza della propria coscienza. All’autocoscienza è legata la coscienza come autodeterminazione: “Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi certamente moriresti” (Gen 2,16-17)”. L’uomo udiva perla prima volta la parola “morirai” e con il Santo Padre Giovanni Paolo II° ci si può chiedere se l’uomo, il quale nella sua coscienza originaria conosce esclusivamente l’esperienza dell’esistere e quindi della vita, avrebbe potuto capire che cosa significasse la parola “morirai”. Ciò nondimeno dipendeva da lui, dalla sua autocoscienza e libera autodeterminazione, la scelta. La coscienza può essere intesa come dimensione morale e come tale il termine è spesso utilizzato nel linguaggio comune: “Aveva la coscienza sempre pulita. Mai usata.”, “La coscienza la voce interiore che ci avverte che qualcuno potrebbe vederci.”, “O sei roso dai morsi della coscienza o da quelli della fame.”. Una citazione più dotta della coscienza come coscienza morale dell’uomo è quella del Catechismo della Chiesa Cattolica: “La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria”. Anche in quest’accezione, come in quella di coscienza come esperienza personale, la coscienza è un fenomeno totalmente interno, un sacrario inaccessibile.
La coscienza può essere intesa come mente; in tal caso qualsiasi stato mentale con un contenuto propositivo è cosciente, qualunque cosa noi pensiamo, desideriamo, speriamo, crediamo, vogliamo, ricordiamo. La memoria non è di per sé coscienza, ma senza memoria “la coscienza sarebbe spezzata in così tanti frammenti che sarebbe come vivere secondi”, la condizione forse di primordiali organismi unicellulari le cui memorie chimiche non duravano che pochi secondi, ma anche quella di homo sapiens dei nostri giorni cui la malattia ha cancellato la memoria.
Infine, non è meno affascinante ed ulteriormente complica la discussione sulla coscienza la cosiddetta percezione inconscia, subliminale o implicita. Apparentemente un ossimoro, la percezione inconscia è quella che si realizza senza che la persona o l’animale ne siano consapevoli, ma che è oggettivamente dimostrabile con il fatto che vi è apprendimento di nuovi fatti o performances.

Il correlato nervoso della coscienza

La coscienza è lo scheletro nell’armadio delle neuroscienze, per dirla con Blackmore, nel senso che solo di recente i neuroscienziati si sono appassionati ad un argomento lasciato pressoché per intero a psicologi e filosofi. E del 1994 la proposizione della sorprendente ipotesi di Crick: “Tu, le tue gioie e le tue tristezze, le tue memorie e le tue ambizioni, il tuo senso d’identità personale e di libero arbitrio altro non sono che il comportamento di un gran numero di cellule nervose e
delle loro molecole. Alice di Lewis Carroll avrebbe detto: Tu non sei niente altro che un pacco di neuroni”. Ma dov’è il pacco? Questa è la domanda preliminare rispetto a: “Qual è il correlato nervoso della coscienza”, ossia quel set minimo di eventi neuronali che dà luogo ad un’esperienza cosciente. Il metodo di studio per definire il correlato nervoso della coscienza è oggi disponibile ed è rappresentato dagli studi di attivazione cerebrale, studi nei quali il sistema nervoso centrale viene studiato prima e dopo uno stimolo adeguato sia esso la presentazione di stimoli visivi ambigui, la transizione dall’anestesia generale al risveglio o la transizione dallo stato vegetativo allo stato minimamente cosciente. Per esempio, la ripresa del circuito talamo-corticale ad alta frequenza oscillatoria in un paziente prima vegetativo e poi minimamente cosciente ha confermato l’importanza delle connessioni tra talamo (nuclei intralaminari) e corteccie associative frontali e parietali nel mantenimento della coscienza nell’uomo.

Il sistema reticolare attivatore ascendente (SRAA) e lo stato di veglia

La coscienza è una funzione così determinante per la persona che non è ragionevole aspettarsi che sia confinata in una regione limitata del cervello. E’ noto fin dai primi anni ‘40 del secolo scorso con gli studi di Moruzzi e Magoun e di altri il SRAA, che ha sede nella parte dorsale e craniale del tronco cerebrale, proietta ai nuclei intra-laminari del talamo da cui origina la proiezione talamo-corticale diffusa. Tale sistema attiva diffusamente la corteccia cerebrale e crea quello stato di veglia, di allerta che è condizione preliminare essenziale ai contenuti della coscienza. Rispetto a tale conoscenza tradizionale oggi sono disponibili alcune conoscenze importanti che presento brevemente.
Primo, il SRAA non è più visto come un sistema monolitico, né come un sistema ristretto ai nuclei “reticolari” del tronco cerebrale; le strutture attivatici si estendono caudalmante fino al midollo spinale e cranialmente fino agli emisferi cerebrali.
Il SRAA è invece composto da una serie di nuclei, ciascuno dei quali con caratteristiche anatomiche, fisiologiche e chimiche particolari.
Secondo, la definizione di SRAA mesencefalico non è corretta, perché molti dei nuclei del tronco cerebrale che modulano il funzionamento della corteccia cerebrale si trovano nei due terzi superiori del tegmento pontino (alcuni nuclei si trovano anche nel terzo inferiore del ponte e nel bulbo) ciò spiega l’osservazione che lesioni isolate del ponte possono causare coma in pazienti con stroke ischemico anche in assenza di lesioni mesencefaliche.
Terzo, il talamo può essere visto come la parte più rostrale del SRAA e, come tale, media la maggior parte degli effetti del SRAA sulla corteccia cerebrale.
Quarto, alcuni nuclei del tronco cerebrale bypassano il talamo e sono connessi con la corteccia fronto-basale, dalla quale originano proiezioni bilaterali e diffuse alla corteccia cerebrale; altri nuclei ancora bypassano sia il talamo che la corteccia fronto-basale e raggiungono ampie aree della corteccia cerebrale; altri nuclei infine sono connessi con il nucleo reticolare del talamo e non con i nuclei intralaminari.
Quinto, il SRAA svoIge un ruolo più complesso che non la semplice desicronizzazione della corteccia cerebrale, pure essenziale per lo stato di allerta e di attenzione; in particolare, le proiezioni talamo-corticali non specifiche sono importanti nel generare il circuito talamo-corticale ad alta frequenza oscillatoria che si ritiene critico per la coscienza. Infine, il SRAA, attraverso afferenze dal midollo spinale e dal sistema vestibolare, riceve informazioni sullo stato del milieu interno, dei visceri, del sistema vestibolare, di quello muscolo-scheletrico, ma anche dei cambiamenti dell’organismo quando questo interagisce con oggetti.
Non solo dunque il SRAA risveglia la corteccia cerebrale e, attraverso il talamo, è importante nel generare i contenuti della coscienza, ma convoglia a specifiche regioni della corteccia i contenuti con i quali si crea poi una sensazione soggettiva.

I contenuti della coscienza

I contenuti della coscienza dipendono in maniera critica dalla corteccia cerebrale e dalle sue connessioni sottocorticali. Il recente avvento degli studi di attivazione cerebrale (PET, risonanza magnetica funzionale, magnetoelettroencefalografia, potenziali evento-correlati) ha rappresentato un importante passo avanti nello studio dei meccanismi fondamentali che presiedono alla coscienza ed in particolare ai suoi contenuti. Tali studi hanno dimostrato che nei pazienti in stato vegetativo, i quali hanno uno stato di veglia senza contenuti, viene persa la connettività tra aree cerebrali normalmente interconnesse, in particolare tra le aree corticali primarie e quelle associative multimodali (area prefrontale, premotoria e parieto-temporale; corteccia del giro cingolato posteriore e precuneo) oppure tra queste ed i talami lo stato vegetativo può essere in sostanza descritto come una disconnection syndrome, isole di attività neuronale isolata senza coscienza. Tale perdità di connettività si associa inoltre ad una sostanziale diminuzione del metabolismo cerebrale .
Al contrario nei pazienti in stato minimamente cosciente, nei quali i contenuti di coscienza ci sono, le indagini funzionali dimostrano che la connettività tra aree corticali primarie, corteccie associative e talami è mantenuta (o recuperata) e dunque è mantenuto il substrato anatomo-funzionale perché i processi integrativi cerebrali necessari per un’attività cosciente siano realizzabili.
Come spesso accade per le scoperte importanti è un nuovo universo quello che si apre grazie agli studi di attivazione cerebrale e sono più le domande che le risposte. Così Kotchoubey dimostra che, in un sottogruppo di pazienti clinicamente vegetativi, un’attività corticale di analisi dell’informazione rimane e chetali pazienti sono di fatto minimamente coscienti; all’altro estremo Schiff dimostra che la formulazione di parole, che di per sé esclude la diagnosi di stato vegetativo, può invece essere niente altro che un complesso automatismo, words withoutmind, isole di attività neuronale isolata senza coscienza. Certo la domanda che sorge spontanea è: Quanto piccola deve essere un’isola perché sia non pensante? Non sono il solo a porsi tale domanda. Quando Donald Hebb definisce il correlato nervoso della coscienza un “neuronal cell-assembly”, Adam Zeman si chiede: “how large must an assembly be to riseto consciousness?”.

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Tratto da:
Nicola Latronico, Frank A. Rasulo, Andrea Candiani. BRAIN (Brescia Anesthesia Intensive care Neuroscience) Ed Madeia s.r.l. 2006.
L'edizione integrale assieme ad altre interessanti relazioni è reperibile gratuitamente sul sito
www.brain.bs.it


"Se dalle "ceneri" dell' ipnosi è nata la psicoanalisi, oggi è anche per un ridimensionamento del ruolo della psicoanalisi che emerge una nuova ipnosi: scientifica, pragmatica, pulita dalle influenze dello spiritualismo e della magia, ancora una volta aperta a recuperare quel patrimonio d'immaginario e di creatività che il mondo moderno spesso trascura, pur continuando ad utilizzarlo in modo subliminale e occulto. Patrimonio da cui l'uomo, da sempre, trae forza per dare un volto tollerabile alla sofferenza."

da C. Antonelli: Ipnosi e Dolore (aspetti integrati), Giuseppe Laterza Editore, Bari, 2003

 

 

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